Enrico Caruso (Nápoles, 25 de febrero de 1873 - 2 de agosto de 1921)el tenor más famoso del mundo en la historia de la ópera
sábado, 17 de mayo de 2014
Le Interviste: Guido d'Onofrio
Ci parli della sua passione per Caruso e di questo personaggio che conosce così bene. Ci spieghi di che e' morto Caruso a soli 48 anni, nel pieno della sua attività artistica. Sin da ragazzo ho avuto sempre una grande passione per Caruso. L'ascolto della sua inconfondibile voce, dalla straordinaria pienezza del timbro e dagli acuti possenti e bronzei, seppur incisa con i rudimentali sistemi dell'epoca, ma magnificamente riprodotta per la sua incredibile fonogenìa, mi ha sempre affascinato. Era un personaggio eccezionale, napoletano generoso, donava infatti ingenti somme ai poveri, e spesso cantava per beneficenza. Paradossalmente, era considerato dagli impresari il tenore più economico della storia del palcoscenico. Infatti, pur essendo i suoi cachets favolosi, per sentirlo cantare la gente era disposta a spendere cifre iperboliche, consentendo così ai botteghini incassi vertiginosi! Purtroppo morì a soli 48 anni, nel pieno della sua attività artistica, per un incredibile errore dei medici americani che non seppero scoprire il suo vero male. Nel mese di ottobre del 1920 Caruso cominciò ad accusare intensi dolori al fianco sinistro, che erano stati ritenuti di origine reumatica. Successivamente ebbe delle emottisi e un versamento pleurico con empiema. Subì ben sette interventi chirurgici per l'asportazione del liquido pleurico, con intervalli più o meno lunghi di remissione del male e quasi di apparente guarigione, senza però che la causa vera venisse eliminata. Caruso era affetto, infatti, da ascesso sub-frenico della regione sottodiaframmatica di sinistra, incredibilmente non diagnosticato dai professori americani che lo ebbero in cura tra la fine del 1920 e gli inizi del 1921. E dire che ci voleva poco per scoprire la causa dello stato morboso dell'illustre paziente! Esami radiografici opportunamente praticati avrebbero risolto ogni dubbio ed un intervento chirurgico eseguito in tempo, gli avrebbe salvato sicuramente la vita, poichè egli morì non per l'ascesso in sè, bensì per le complicanze che si sarebbero certo evitate se non si fosse perduto tempo. Infatti l'ascesso, scoperto a Sorrento negli ultimi giorni di luglio 1921, determinò una peritonite settica con setticemia, causando così la morte del grande tenore, che avvenne alle ore nove del 2 agosto all'Hotel Vesuvio di Napoli. Qual'è stato il rapporto fra Caruso e la sua Napoli? Il rapporto fra Caruso e la sua Napoli non e' stato idilliaco, perchè Caruso ricevette uno sgarbo dai suoi concittadini. Infatti, nel dicembre 1901, quando era già famoso per aver calcato i palcoscenici delle due Americhe e quello della Scala di Milano, volle esibirsi nella sua Napoli, certo che tutti i suoi buoni concittadini stessero ad attenderlo a braccia aperte, per tributargli l'apoteosi più clamorosa. All'epoca però, incontrastato idolo del San Carlo era il tenore Fernando De Lucia, e gli amici di questi, dopo la recita di "Elisir d'Amore" interpretata da Caruso, insinuarono che aveva davvero una gran bella voce, ma che quell'opera non andava cantata in quel modo. Anche il Barone Procida, direttore del giornale "Il Pungolo" e grande amico di De Lucia, scrisse che Caruso "anche come attore aveva lasciato molto a desiderare". Tutto ciò, ovviamente, non piacque a Caruso, che giurò fermamente che a Napoli non avrebbe più cantato e che sarebbe ritornato solo per mangiare i vermicelli alle vongole e per rivedere la sua cara matrigna Maria Castaldi, donna dolce e premurosa, che lui amò tanto come la sua mamma scomparsa durante la sua adolescenza. E mantenne per sempre questa promessa! Ci troviamo nel "Ristorante Caruso" di Sorrento, che e' diventato ormai un vero e proprio museo dedicato al tenore. Lei ha dato un grosso contributo per raccogliere foto, caricature, dischi autografati, giornali d'epoca, ecc. Come e' nata questa idea? L'idea di creare questo museo e' nata 7-8 anni fa, quando ebbi l'opportunità di conoscere Paolo Esposito, titolare del ristorante, persona veramente squisita sotto tutti i punti di vista. Nacque subito tra noi due una profonda amicizia, rafforzata anche dalla comune passione per il grande tenore. Sulle pareti del locale, all'epoca vi erano pochi ricordi di Caruso. Pensai subito che in quel contesto poteva essere realizzato un piccolo, ma significativo museo. Un connubio quindi tra il mitico personaggio e l'alta gastronomia, ovvero un punto di riferimento carusiano, unico nei luoghi dove e' nato. Essendo stato grande amico del figlio del tenore, Enrico jr., scomparso nel 1987, con il quale ebbi l'onore di collaborare alla stesura della sua biografia paterna dal titolo "ENRICO CARUSO, MY FATHER AND MY FAMILY" pubblicata negli USA nel 1990, ebbi l'opportunità di ricevere dallo stesso numerosissimi ricordi del padre, che io poi, in aggiunta a quelli che già possedevo, donai all'amico Paolo Esposito, consentendo così la realizzazione del museo carusiano nell'interno del suo ristorante. Certo non siamo proprio a Napoli, sua città natale, che però, mi duole dirlo, è stata molto ingenerosa nei riguardi di Caruso. Esiste a Napoli solo un piccolissimo, misconosciuto e oscuro vicoletto all'Arenella che porta il suo glorioso nome, e un busto in estremo stato di degrado senza alcuna manutenzione nel tempo da chi di dovere. Infatti, il busto stesso e' sfigurato ed imbrattato di vernice ; alcune lastre sottostanti sono state divelte e nelle vicine aiuole vi sono accumuli di rifiuti di ogni genere. Ho anche scritto una lettera a "Il Mattino", deplorando questo stato di cose, con la convinzione che le autorità mi ascoltassero ma, purtroppo, non c'e' stata alcuna rispondenza a questa mia protesta, peraltro avanzata da un non napoletano (io sono di Foggia). Qui a Sorrento c'è almeno qualche buon ricordo di Caruso. Infatti, oltre al ristorante-museo, il grande tenore è ricordato in un importante e centralissimo viale che porta il suo nome. Da quella famosa serata dell'Elisir d'Amore, Napoli purtroppo non ancora si è riappacificata con Caruso. Ciò è inconcepibile nei riguardi di chi spesso diceva: "Se mi apriste il cuore, vi trovereste inciso un solo nome: Napoli!".
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